Genuino clandestino…e contadino

Da qualche mese su U.N. si parla del mondo contadino ed in particolare dei percorsi di accesso alla terra di quanti intendono usarla come bene comune, per realizzarvi produzioni genuine autogestite, stili di vita naturali e di salvaguardia ambientale, economie solidali opposte agli obbiettivi capitalistici.

Negli ultimi convegni ed incontri di Genuino Clandestino e Terra Bene Comune, la presenza di compagni anarchici si è esplicitata con i contenuti dei loro interventi e si può dire che i temi dell’autogestione e dell’azione diretta sono stati non solo discussi ma anche praticati nelle varie esperienze di lotta per l’accesso alla terra.

Personalmente ho partecipato con continuità al percorso di “Verso Mondeggi bene comune, fattoria senza padrone”per raggiungere il primo obbiettivo di disporre della ex azienda agricola di proprietà della prov. di Firenze, abbandonata, in liquidazione ed in vendita per pagare i debiti fatti con la gestione agricola e la gestione più ampia della provincia.

Di fatti fino ad oggi le gare di vendita totale e parziale sono andate deserte perché gli investitori sarebbero fondamentalmente interessati solo ad investimenti sul patrimonio edilizio della fattoria.

Dai primi mesi del 2013 alcuni addetti ai lavori : contadini, tecnici, studenti di agraria e soggetti dei G.A.S. di zona , hanno iniziato a guardare a Mondeggi e lanciare l’idea del bene comune da recuperare e con il Genuino clandestino del novembre 2013 il movimento contava già un centinaio di partecipanti.

Chiaro e condiviso da tutti il metodo assembleare per arrivare alle decisioni: una assemblea settimanale plenaria, incontri nelle case del popolo e associazioni di volontariato con i cittadini del territorio circostante interessati alle sorti di Mondeggi , per creare consenso alla nostra idea di ridare vita a Mondeggi, eventi molto partecipati con passeggiate erboristiche, storico-paesaggistiche, agronomiche e pranzi condivisi nei prati e boschi della fattoria.

Fin dalla fine di novembre scorso l’assemblea ha deciso di praticare un’ azione diretta raccogliendo un po’ delle olive abbandonate di Mondeggi, portandole a frangere la notte successiva e il genuino e clandestino olio prodotto è servito per distribuirlo, in confezioni da 25 cl, a chi ci incontrava nei numerosi momenti di pubblicizzazione del nostro progetto.

Per arrivare alla disponibilità della terra è iniziata una annosa ma doverosa trattativa con la proprietà, 10/15 mondeggini andavano in delegazione ogni volta, così ognuno si rendeva conto dei risultati della trattativa e riferiva la sua valutazione all’assemblea successiva.

In questo contesto di conoscenze estese a tutti, è maturata in molti l’esigenza del doppio percorso:

trattativa con le istituzioni, ma in parallelo azioni dirette di chi poteva , con giornate di lavoro a Mondeggi per potare frutti, olivi e viti, iniziare a dissodare un terreno per fare un orto , recupero di spazi coperti, etc.

E così c’era di che discutere per decidere in assemblea cosa fare per le diffide ad entrare a Mondeggi ricevute da alcuni, se le azioni dirette dovevano continuare per spingere la Provincia a decidere o se interromperle perché alcuni dell’assemblea le giudicavano solo azioni provocatorie.

Una vera palestra di pratica autogestionaria e di percorsi ufficialmente illegali, ma politicamente difendibili, nei quali ognuno cresceva nella sua volontà e capacità di opporsi agli interessi privati quando limitano quelli di tutti.

A giugno 2014 è arrivata la decisione assembleare di dare inizio alla presa in custodia contadina di Mondeggi , con 15 giovani che ci andavano a vivere per lavorarci e produrre cibo genuino a prezzi contenuti perché nessun padrone aveva da pretendere il profitto.

Inoltre, come hanno dimostrato le 600 persone partecipanti alla tre giorni di fine giugno 2014, mondeggi diveniva anche un punto di riferimento per attività artistiche e culturali, complementari al progetto agricolo.

Il primo passo per l’accesso alla terra nei fatti era compiuto, anche sfruttando l’opportunità della “fine” delle province e del macchinoso passaggio ad altra amministrazione pubblica.

Con la disponibilità della terra e dei pertinenti edifici rurali, si evidenzia il problema del lavoro contadino, la sua continuità dovuta all’incalzare delle operazioni agronomiche stagionali, il senso della banalità operativa, quando invece si ricerca originalità e creatività nel lavoro, gli orari di lavoro necessari a portare a buon fine le colture e gli allevamenti.

Nei tavoli tematici di G.C. sembra che la scelta di fare il contadino sia maturata in molti dei partecipanti ma su queste scelte è necessaria una maggiore riflessione per capire bene cosa ognuno si aspetti dal lavoro agricolo.

Il semplice principio che si rifiuta il lavoro salariato ma non il lavoro autogestito come strumento di soddisfazione dei bisogni di una società, è sempre vero e tutte le bellissime intenzioni ed i più affascinanti progetti si misurano con questo.

I movimenti di accesso alla terra, che rifiutano giustamente di pagare qualsiasi rendita fondiaria alla proprietà, devono portare sul territorio i frutti del loro lavoro: cibo genuino, ambiente sano, integrazione città campagna, nell’ottica di uso di un bene comune i cui benefici ricadono su coloro che sono interessati a renderlo e mantenerlo tale.

Se si rivendica il diritto alla terra come bene comune, le produzioni non possono limitarsi all’autoconsumo degli agricoltori e se poi il cibo non fosse sufficiente neppure a questo, allora il problema dell’organizzazione del lavoro dovrebbe essere del tutto rivisto.

Infatti gli aspiranti contadini delle terre in uso, sono in netta maggioranza inesperti e così si pone il bisogno di una scuola contadina con i probabili conflitti di ruolo, dove il sapere può essere visto come potere e quindi avversato anche nelle indicazioni tecniche.

Inoltre, come si diceva a Mondeggi, dove non c’è padrone non c’è neppure salariato e quindi il reddito di chi lavora deriva solamente dai prodotti fatti, consumati o venduti.

Se la produzione agricola è minima non c’è reddito monetario e quindi impossibilità di acquistare beni necessari non agricoli, con la permanente conseguenza di lavorare meno la terra e dover continuare nelle occupazioni precarie extragricole.

Come sempre l’assemblea è il luogo dove sviscerare e risolvere tali problemi, ma nei partecipanti ci dovrebbe essere la determinazione di arrivare a scelte operative anche se non condivise da tutti.

Se negli specifici periodi di semine e trapianti le decisioni tardano ad arrivare , le stagioni passano e c’è già da pensare , più concretamente, alle colture successive.

Con la scelta dell’agricoltura contadina noi esprimiamo dei netti rifiuti su quanto un sistema capitalista impone ad agricoltori e consumatori, raccogliendo consenso in vasti settori della società, ma dobbiamo consolidare questo consenso con un concreto fare i contadini, che producono cibo genuino per i consumatori che lo ricercano.

I nostri Caicocci, Mondeggi e quanti altri nasceranno , saranno considerati per il cibo che producono, l’occupazione che creano, il benessere che forniscono e questo sarà frutto del lavoro dei contadini.

Per questo invito G.C. al senso della concretezza, alla ricerca della efficacia nelle scelte politiche e tecniche, perché ritengo che il movimento possa resistere agli avversari politici, alla repressione legalista, ai luoghi comuni denigratori, alle multinazionali agricole con i loro TTIP, ma sia pericolosamente messo in crisi dalle teorizzazioni non concretizzate che vanificano la portata rivoluzionaria del progetto.

Vincenzo Mordini

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